Dopo gli attentati nel metrò di Londra del 7 luglio 2005 (ovviamente attribuiti ad Al Qaeda), Robin Cook, ex
ministro degli esteri britannico, scrisse sul Guardian: «per quanto ne ricordo, Al Qaeda non è un gruppo
terroristico, ma il nome del database americano con i nomi dei mujaheddin arruolati dalla CIA per
combattere in Afghanistan».
Era un «avvertimento» a chi di dovere. Meno di una settimana dopo, Robin Cook moriva di un misterioso
infarto (a 59 anni) mentre passeggiava nelle campagne scozzesi. Ma i procuratori di infarti a comando non
possono arrivare a tutto. Gli dev'essere sfuggito (è sfuggito anche a noi) un articolo apparso sulla rivista
World Affairs, che si pubblica a New Delhi, nel numero aprile-giugno del 2004. Qui un ex agente
dell'intelligence francese, di nome Pierre Henry Bunel, parlava distesamente di Al Qaeda come database
molto tempo prima del povero Cook.
Ecco i ricordi dell'agente Bunel: «la prima volta che ho sentito di Al Qaeda è stato mentre completavo
un corso di comando e Stato Maggiore in Giordania. Allora ero ufficiale dell'Armata Francese, che aveva
stretti rapporti di collaborazione con la Giordania». «Due dei miei colleghi giordani erano esperti in
computer, ufficiali della forza aerea. Un giorno scherzarono sul database informatico Al Qaeda».
Da loro, Bunel ha appreso la seguente storia: «nei primi anni '80 la Banca Islamica per lo Sviluppo, che ha
sede a Geddah in Arabia Saudita, acquisì un sistema computerizzato per le sue necessità contabili e di
comunicazione; un sistema più sofisticato rispetto alle sue reali esigenze.In quel sistema,'il database era
diviso in due sezioni: l''information file' dove i partecipanti agli incontri del Segretariato Permanente della
Organizzazione della Conferenza Islamica [anch'essa con sede a Geddah, e collegata alla Banca Islamica,
ndr.] potevano prelevare e inviare le informazioni di cui avevano bisogno; e il 'decision file', dove erano
conservate le decisioni prese durante le sessioni precedenti». «In arabo, i due files erano chiamati 'Qeidat
il-Maaloomaat' e 'Qeidat i – Taaleemaat'; entrambi erano contenuti dentro un file-contenitore chiamato in
arabo 'Qeidat ilmu'ti'aat», che è l'esatta traduzione della parola inglese 'database'. Ma gli arabi usavano
correntemente l'abbreviazione 'Al Qaeda', che significa 'base'».
«A metà degli anni '80 Al Qaeda era un database in un computer dedicato alle comunicazioni del
segretariato della Conferenza Islamica». Continua Bunel: «nei primi anni '90 ero ufficiale d'intelligence
annesso alla Force d'Action Rapide (FAR) francese. Dato che conosco l'arabo, traducevo una quantità di
fax e lettere intercettati dai nostri servizi. Spesso intercettavamo materiale proveniente da gruppi islamici
che agivano in Gran Bretagna o in Belgio». «Questi documenti contenevano direttive inviate a gruppi
armati islamisti in Algeria o in Francia. I messaggi citavano le fonti delle dichiarazioni da utilizzare nella
redazione di volantini o rivendicazioni, e da introdurre in video o registrazioni da mandare ai media.
Le fonti più spesso citate erano le Nazioni Unite, l'UNHCR, e…Al Qaeda».«Al Qaeda resettò il database della
Conferenza Islamica. Era naturale che Osama Bin Laden fosse connesso con questa rete. E' membro di
un'influente famigli saudita collegata con le banche e l'economia».
«A causa della presenza di 'Stati canaglia', era facile per gruppi terroristici usare l'@ mail del
database. Così l'@ mail di Al Qaeda era usato, con alcune interfacce per segretezza, dalle famiglie dei
mujaheddin per tenere i contatti con i loro figli in addestramento in Afghanistan, in Libia o nella valle della
Bekaa in Libano, o dovunque combattevano estremisti. Fra questi 'Stati canaglia' c'era l'Arabia Saudita.
Quando Osama bin Laden era un agente americano in Afghanistan, l'intranet di Al Qaeda era un buon
sistema di comunicare con messaggi in codice». «Al Qaeda non era un gruppo terroristico né una privata
proprietà di Bin Laden» «Gli atti terroristici commessi in Turchia nel 2003 furono compiuti da turchi e le
motivazioni erano locali e non internazionali. Questi attentati misero il governo turco in una posizione
difficile presso i britannici e gli israeliani. Ma gli attacchi intendevano certamente 'punire' il Primo ministro
turco Erdogan per essere un islamico troppo tiepido».
«Alcune lobby economiche arabe conducono una guerra contro le lobby economiche 'liberali'. Esse
usano gruppi terroristici locali che proclamano di agire a nome di Al Qaeda. D'altra parte, eserciti nazionali
invadono Paesi indipendenti sotto l'egida del Consiglio di sicurezza dell'ONU. I promotori reali di queste
guerre non sono i governi, ma le lobby nascoste dietro di essi». «La verità è che non esiste un gruppo
terrorista chiamato Al Qaeda, come sa qualunque funzionario di intelligence. C'è però una campagna di
propaganda per indurre il pubblico a credere a un'entità 'diabolica' e indurre la gente che guarda la TV ad
accettare una leadership unificata internazionale per la guerra contro il terrorismo. Il Paese che sta dietro
questa propaganda sono gli USA, e le lobby interessate alla guerra al terrorismo per scopi d'affari».
Magari non tutto è chiaro in questo testo.
Ma Bunel sta dicendo quello cui alluse Cook: Al Qaeda è, anche oggi, uno strumento in mano alle lobby
d'affari americane, con la complicità dell'Arabia Saudita. Va aggiunto che il maggiore Bunel, nel dicembre
2001, è stato dichiarato colpevole da un tribunale militare francese, in giudizio segreto, di aver passato alla
Serbia informazioni sui bersagli dei bombardamenti NATO sulla Serbia ai tempi dell'intervento in Kosovo.
A quel tempo, varrà la pena di ricordarlo, Belgrado accusò la resistenza bosniaca e albanese di essere
infiltrata da elementi di «Al Qaeda». Oggi si sa che questi gruppi erano finanziati dal «Bosnian Defense
Fund», un fondo creato e diretto da Richard Perle (capo dei neocon e spia d'Israele) e da Douglas Feith,
uno dei viceministri del Pentagono, ebreo come Perle e Wolfowitz. Un altro indizio che tra i neocon del
Pentagono ed Al Qaeda, la distinzione è confusa. L'uno è l'altra.
fonte : non sai nulla e ciò che credi di sapere è falso